Home
Suoni e grafia del ventimigliese
Bibliuteca de U nostru parlà
Fonti
Link
Contatti

Suoni e grafia del Ventimigliese

da “Imparamu u Ventemigliusu” di E. Azaretti e R. Villa

 

Vocali toniche

Il dialetto ventimigliese ha otto vocali toniche: a, è, é, i, ò, o, u. ü.

Le prime cinque suonano come in italiano, è tuttavia opportuno far rilevare che il suono aperto della ed esiste soltanto quando questa vocale è seguita da rr  terra, serra (sega), gherra (guerra), o da r più consonante: pèrsegu (pesca), zèrbu (gerbido), mèrlu (merlo) e in qualche eccezione come bèlu (bello), sète (sette).

La ü si pronuncia come nel francese: pur (puro) o nel tedesco grün (verde), (mulo), brügaglia (briciola), cürtu (corto).

La o ha soltanto un suono aperto, la cui apertura è però inferiore a quella delle ò dell’italiano còrda e del francese sort.

Il suono della ö si avvicina a quello della corrispondente vocale chiusa francese: feu (fuoco) e tedesca böse (cattivo): (cuore), peröglia (buccia), figliö (bambino).

Davanti a n finale di parola, e in minor misura davanti a n finale di sillaba interna, le vocali assumono una nasalizzazione, notevolmente inferiore a quella del francese: rumàn (romano), serén (sereno), vin (vino), limùn (limone), nisciùn (nessuno), tron (tuono), i vön (vogliono), sanghe (sangue), prefundu (abisso).

Una importante particolarità del ventimigliese che lo accomuna, assieme al monegasco, ai dialetti provenzali, è la mancanza di una percettibile differenza fra le vocali lunghe e brevi.

 

Accentazione

L’accento tonico è normalmente omesso nelle parole piane, è tuttavia segnato nei casi in cui possono sorgere dubbi sulla pronuncia come in maìstra (maestra), benedìu (benedetto) e sempre nelle forme verbali contenenti una particella enclitica come: purtàru (portarlo), dàme (dammi), pentìse (pentirsi). Nei monosillabi, l’accento tonico si usa per distinguere parole di diverso significato: (dare), da preposizione (da), (sete), se pronome (si).

Si può omettere l’accento tonico delle parole tronche terminanti in vocale nasale (seguita da n velare) come: ruman (romano), cuxin (cugino), balun (pallone), seren (sereno), oppure nelle parole terminanti in ü e ö come: vertü (virtù), tapacü (specie di cerbottana), bacü (rimbecillito), angö (ramarro), ratairö (trappola per topi), che sono sempre toniche.

 

Castel d'Appio

Vocali atone

Ė importante ricordare che alle vocali toniche o, ö corrispondono sempre, nelle forme atone dei derivati, le vocali atone u, ü: portu (io porto) → purtamu (portiamo), u dorme → u durmiva (dormiva), tron (tuono) → trunà (tuonare), zögu (gioco) → zügà (giocare), züghetu (giocattolo), faixö (fagiolo) → faixürìn (fagiolino), stömegu (stomaco) → stümegà (stomacare).

 

Consonanti

Come gran parte dei dialetti dell’Italia Settentrionale, il ventimigliese non ha consonanti geminate, possiede invece, oltre alle consonanti semplici dell’italiano letterario (con esclusione della z sorda e sonora), il suono della j francese e quello di una r palatale, intermedio tra la r e la l italiane.

Per adeguarci  alla grafia tradizionale dei dialetti liguri, trascriviamo il suono della j francese con x: pàixe (pace), préixu (prezzo), baixà (baciare) cuxin (cugino) e quello della r palatale intervocalica (che corrisponde ad una r o ad una l italiana) con r, in contrapposizione a rr, usato per indicare una r italiana semplice intervocalica: caru (caro), carru (carro), mariu (marito), marriu (cattivo), tera (tela), terra (terra), vera (vela), vera (vera aggettivo femminile).

Il suono della s sorda, italiano santo, è generalmente scritto con s in principio di parola: sàutu (salto), séglia (secchio), e dopo consonante: cursa (corsa), pèrsegu (pésca e pésco). Con ss in posizione intervocalica: russu (rosso), pussu (pozzo), benché indichi sempre il suono di una s semplice.

Lo stesso suono di s sorda è notato con ç quando corrisponde a una c palatale italiana seguita da i o e: çena (cena), açidente (accidente), çima (cima), storçe (torcere) o nelle parole dotte che continuano il nesso TJ intervocalico come: viçiu (vizio), graçia (grazia), giustiçia (giustizia), spediçiun (spedizione), ambiçiun (ambizione).

Il suono della s sonora si scrive generalmente con s in posizione intervocalica: nasu (naso), cosa (cosa). Si scrive invece con z, in ogni posizione, quando corrisponde a una g palatale italiana e dei dialetti rurali intemeli: zögu, giögu (gioco), pözu, pögiu (poggio), zenzia, gengìa (gengiva) o quando si tratta di prestiti: arabo zebibzezibu (zibibbo), greco zìzula zìzura (giuggiola e giuggiolo), rhìzikonrézegu (rischio), tedesco Zinkzingu o di forme onomatopeiche come zunzunà (ronzare).

Il suono fricativo prepalatale sordo si scrive col nesso sc oltre che davanti alle vocali e, i, come nell’italiano: scemu (scemo), scéndegu (sindaco), scibrà (fischiare), sciràu (arido, disseccato), anche davanti a c palatale: scciancà (strappare), scciòpu (fucile), mascciu (maschio).

La s rappresenta inoltre un suono sc attenuato davanti alle consonanti sorde f, p, t, c gutturale (k):sfruzà (contrabbandare), si pronuncia quasi come scfruzà, spuncià scpuncià (spingere), stranüà sctranüà (starnutire), a scarsu a sccarsu (a cottimo).

 Analogamente la s davanti alle consonanti sonore b, d, g, m, v, rappresenta un suono attenuato della x ligure: desvià dexvià (svitare), sbate xbate (scuotere), sdernà xdernà (desinare), desgranà dexgranà (sgranare), smangià xmangià (prudere).

Ė tuttavia in atto una tendenza a sostituire le fricative sc e x rispettivamente con s sorda pronunciando sfruzà, spuncià, ecc. e con s sonora pronunciando dezvià, zbate, zdernà, dezgranà, zmangià.

La n finale di sillaba che accompagna le vocali nasali ha suono velare: i sun (sono), i vön (vogliono), nisciün (nessuno), cianta (pianta), bunda (sponda).

Anche la m finale di sillaba ha il suono di n velare, benché sia scritta con la m etimologica per facilitare il riconoscimento delle parole: rumpe runpe (rompere), tempu tenpu (tempo), gamba ganba (gamba), rumbu runbu (rombo).

La l palatale, che è scritta come in italiano col nesso gli, deve seguire la pronuncia italiana, integralmente conservata nei dialetti rurali intemeli, e non essere pronunciata come una i semivocalica: cavegli (capelli) e non caveii, famiglia e non famiia, Ventemiglia e non Ventemiia.

L’uso della h e la pronuncia delle altre consonanti corrisponde a quella dell’italiano.

 

Teatro Romano

 

Tabella riassuntiva dei
Suoni e della grafia del Ventimigliese

 

La grafia, usata localmente per la trascrizione del dialetto, corrisponde, in generale per i suoni che sono comuni, a quella in uso nell’italiano letterario.

Ci limiteremo perciò a illustrare la pronuncia e la trascrizione dei suoni che non esistono in italiano e il diverso uso di alcuni segni ortografici.

 

ç

ha il suono di s sorda

es.  çena, garçuna, giüstiçia

 

 

x

ha il suono della j francese

es. baixu, cruxe, grixu

 

 

ö

ha il suono della eu francese

es. figliö, öriu

 

 

r

singolo fra due vocali ha un suono tra r e l

es. carà, parente

in altri casi come l’r italiano

es. ratu, persegu, stropu

 

 

rr

si usa per indicare il suono di r singolo italiano, fra due vocali

es. carru, arrubatasse

 

 

s

tra due vocali è sempre sonoro

es. rösa, cosa, françese

ad eccezione del pronome se riflessivo che è sordo: es. ratelasse, bagnasse

 

 

scc

si pronuncia s sordo + c palatale

es. scciümaira, scciancurelu

 

 

ü

ha il suono della u francese

es. mü, refrescüme

 

 

z

si pronuncia s sonoro come in francese

es. zizura, inzegnu, zeru

Torna su

Copyright 2013 - Sito creato da Enrico Malan